LA PERDITA DI FERTILITA’ DEL TERRENO

on Dicembre 17 | in Giardino Biodinamico, Orto Biodinamico | by | with No Comments

LA PERDITA DI FERTILITA’ DEL TERRENO

Si ha un terreno poco fertile quando non è più adatto a garantire una buona e rapida crescita delle colture. Le cause che portano a un terreno poco fertile sono di diversa origine: poco spazio per le radici, poco ricambio di aria e acqua, accumulo di sostanze tossiche. Se si usa l’aratro si avrà probabilmente la formazione della suola di lavorazione che è uno strato compatto che non lascia penetrare le radici negli strati più profondi e che non permette la circolazione di acqua e aria. Le cattive condizioni di permeabilità all’aria e all’acqua non sono favorevoli né per le radici né per gli organismi terricoli. Lo stesso accade nel caso si formi una crosta superficiale o se il terreno risultasse molto compatto. Inoltre il distaccamento e lo spostamento di zolle di terra dalla superficie causata dagli eventi atmosferici porta all’erosione del terreno con conseguente diminuzione di spessore del terreno. Anche la massiccia presenza di sostanze tossiche o di parassiti dà origine a stanchezza del terreno. Le cause possono essere di diversa natura: possono essere dovute da una cattiva gestione delle lavorazioni e da una mancanza di attenzione per favorire la biodiversità; dalla presenza di sostanze tossiche nell’acqua di irrigazione; da una cattiva irrigazione che porta un eccesso di Sali nel terreno; dall’accumulo di sostanze tossiche liberate da alcune colture.

  1. IL COMPATTAMENTO
 terreno compattato

Quando la porosità del suolo è scarsa si parla di terreno “compattato”; il compattamento è quindi la progressiva e duratura riduzione della porosità del terreno dovuta perlopiù a compressione. I pori sono gli spazi vuoti presenti nel terreno nei quali passano l’aria e l’acqua. Si può distinguere tra micropori (canali stretti) o macropori (canali larghi): i micropori servono per il passaggio dell’acqua (in essi viene trattenuta); i macropori invece permettono all’acqua di smaltire l’acqua in eccesso per poi riempirsi d’aria permettendo la circolazione nel terreno. La presenza sia di micropori che di macropori è necessaria perché il terreno possa essere fertile e ospitale per gli organismi.  Un suolo compattato non favorisce la crescita delle piante in quanto carente di circolazione di aria e acqua.  La mancanza di ossigeno nella zona delle radici non permette ai microrganismi di trasformare le sostanze nutritive per renderle assimilabili dalla pianta (per tali reazioni è necessario l’ossigeno). La mancanza di ossigeno impedisce anche alle radici di produrre l’energia che serve all’assorbimento dei nutrienti diluiti nel suolo. La radice per assorbirli deve svolgere un lavoro che richiede energia prodotta sull’estremità della ridice che viene accumulata attraverso la reazione tra zuccheri e ossigeno. Gli zuccheri sono prodotti grazie alla fotosintesi e arrivano dall’interno alle radici, l’ossigeno invece arriva da fuori.  Se scarseggia l’ossigeno per l’assenza di macropori (compattamento) le radici non riescono ad assorbire i nutrimenti e i microrganismi terricoli non li liberano dal concime. Si arriva al compattamento del terreno se lo si calpesta o lavora quando ancora bagnato. Pressando il terreno fradicio le zolle di terra si avvicinano riducendo la porosità del suolo e talvolta le zolle si deformano e le particelle si riaggregano in modo non ottimale formando zolle dense e di grandi dimensioni.  In queste nuove zolle la porosità è ridotta con conseguenze sul circolo di aria e acqua. Un terreno secco non si compatta, ma non è comunque ospitale per piante e organismi. Per capire se un terreno è compattato si può provare a conficcare una forca o una vanga nel terreno, se faticano a penetrarlo il terreno sarà compattato (non effettuare su terreni secchi). Un altro segnale di terreno compattato è la crescita stentata delle piante nonostante le concimazioni. Queste restano piccole e manifestano foglie gialle o addirittura talvolta cascola di fiori e maturazione anticipata di frutti (piccoli e pochi). Anche eccessiva impermeabilità del suolo con depositi di acqua durante pioggia o durante le irrigazioni deve richiamare l’attenzione. Il terreno faticherà anche ad asciugarsi e quindi ad essere lavorabile.

La rigenerazione di un terreno compattato

Per rigenerare una piccola superficie che ha manifestato sintomi di compattamento (come l’orto familiare) è necessario utilizzare una forca a denti piatti (vanga a forca) per infilarla nel suolo abbastanza secco e smuovere il terreno per ridurre le zolle. Così facendo si migliora la porosità del terreno. Successivamente, con una forca a denti curvi (con terreno in tempera) il terreno sarà lavorato nuovamente fino ad essere sbriciolabile con le dita. In seguito si procede “pettinando” il terreno con la forca a denti curvi così che le zolle di terra si sbriciolino ulteriormente. Insieme a questa lavorazione è possibile interrare il concime in forma pellettata o polverulenta (stallatico) o compost e letame maturi. Queste lavorazioni non sono però sufficienti: ci vorranno infatti, in base alla gravità del compattamento, anche 3-4 anni per risolvere la situazione. Bisogna poi concimare ogni anno il terreno con fertilizzanti con buona resa in humus che è una sostanza importantissima per il terreno che conferisce al terreno sofficità e resistenza al compattamento. Infine sarà necessario programmare l’avvicendamento delle colture inserendo ogni 2-3 anni un erbaio da sovescio (ad es. loiessa, frumento, orzo, segale, trifoglio, erba medica) così da agire sul terreno in profondità con l’azione delle radici sbriciolando le zolle. Le radici attirano anche molti organismi terricoli che aiutano il processo. Per prevenire il compattamento del terreno è necessario evitare di calpestarlo quando bagnato. Per farlo, nel caso dell’orto, sarà opportuno coltivare su aiole permanenti così da risolvere il problema. Il terreno dell’orto non verrà quindi calpestato e non si compatterà se non in fase di preparazione dell’aiola, momento nel quale si procederà con il decompattamento (una sola volta l’anno). Il terreno può essere anche decompattato vangandolo e lasciandolo esposto agli agenti atmosferici durante l’inverno: in questo modo si sbriciolerà in molti frammenti. Questa tecnica è però sconsigliata in quanto ha anche delle conseguenze rilevanti: lasciare un terreno nudo per tutto il periodo invernale è controproducente in quanto compromette la presenza di vita, essenziale per mantenere poi il terreno fertile.

  1. LA CROSTA SUPERFICIALE
Crosta-superficiale

Quando si parla di crosta si intende uno strato superficiale di terreno compatto, in questa zona c’è pochissima porosità con conseguente permeabilità del terreno ad aria ed acqua. Questo strato non permette quindi ad aria ed acqua di passare rendendo il terreno sottostante asfittico con conseguenze sulle radici e sugli organismi terricoli. La crescita delle piante quindi si rallenta se non addirittura si ferma. La crosta è così dura che solo poche piantine nate da semi riescono a perforarla (fagiolo, fava, pisello, zucca con semi più grossi). Durante la coltivazione quindi rompere la crosta sarebbe rischioso, pertanto l’unica soluzione è mantenere la crosta umettata così che sia meno resistente almeno fintanto che le piantine non crescono. Si può formare la crosta in superficie in tutti i tipi di terreno ma in particolare in quelli ricchi di argilla e poveri di humus. Il procedimento attraverso il quale si forma è piuttosto complesso: con la caduta dell’acqua piovana viene alterata la struttura della terra provocando una disgregazione delle particelle che la compongono.  Successivamente le particelle cercano di ridisporsi in modo disorganizzato formando appunto la crosta. Per capire se nel terreno è presenta la crosta superficiale bisogna osservarlo e cercare di individuare delle zolle: se questo non sarà possibile e si noterà una superficie piatta e si noterà, esaminandolo con attenzione, la presenza di uno strato di alghe e muschio (più spesso in primavera-autunno-inverno) allora saremo in presenza di crosta.

muschi18

Altre caratteristiche del terreno che presenta crosta sono: la crescita stentata delle piante; le piante che si comportano come se mancasse loro acqua ; accumuli di acqua durante la pioggia o l’irrigazione; il terreno che fatica ad asciugarsi e ad essere lavorabile (fine inverno).

Rimozione della crosta

Per eliminare la crosta superficiale bisogna zapparla o sarchiarla. Se il terreno è soggetto a formazione di crosta però sarebbe meglio prevenire la crosta. Lo si può fare ad esempio eseguendo il trapianto degli ortaggi piuttosto che la semina cosi da non rischiare che le piantine non nascano e di danneggiarle in caso sia necessario zappare il terreno. Se si intende seminare si consiglia, subito dopo la semina, di spargere sul terreno del compost o del letame (strato di circa 1 cm) oppure del terriccio così da ammorbidire la crosta e da facilitare l’emergere delle piante. Se c’è l’intenzione di irrigare a pioggia un terreno che forma facilmente crosta la si può prevenire eseguendo prima della coltivazione interessata da questo tipo di irrigazione un sovescio con interramento così da migliorare l’aggregazione fra particelle del terreno e rendendo più difficile la formazione della crosta.  Anche nel caso di sovescio parziale, comunque, le radici non favoriranno la formazione di crosta. L’irrigazione a pioggia, nei terreni soggetti a crosta, ne favorisce la formazione. Si è pertanto costretti a sarchiare il terreno per riportarlo a condizioni ottimali in termini di permeabilità, ma con la successiva irrigazione lo sforzo verrà annullato. Una soluzione è la pacciamatura che protegge la superficie del terreno limitando l’azione della forza dell’acqua che scende ma lasciando anche passare l’acqua ad esempio utilizzando foglie secche, paglia, fieno, erba secca ecc, sono sconsigliati invece i teli che tendono a formare la crosta (meglio quelli a maglie intrecciate forati) che si espanderebbe dalle zone coperte dal telo fino alle colture. Lo stesso fenomeno si verifica in caso di irrigazione con innaffiatoio facendola entrare nei fori della pacciamatura (si può provare a coprire il terreno circostante i fusti delle piantine con compost o letame maturi o torba da distribuire in una circonferenza di 10 cm di diametro), e nel caso si utilizzassero pacciamature con fogli di giornale o cartone.

  1. L’EROSIONE

L’erosione è un fenomeno per il quale il terreno viene trasportato lontano dalla zona originale dall’azione degli agenti atmosferici (in particolare dell’acqua piovana o anche irrigua). Si distingue tra erosione laminare, che riguarda lo spostamento delle particelle causata dallo spostamento di masse d’acqua sulla superficie, oppure erosione per incisione quando l’acqua scava il terreno in profondità. L’erosione causa perdita di fertilità nel terreno: ne diminuisce lo spessore (meno spazio di estensione e nutrimento per le radici) in maniera irreversibile. L’erosione si verifica quando l’acqua piovana è troppa e il suolo non riesce a farla penetrare, questa quindi si accumula se la superficie è concava oppure, nel caso il terreno sia convesso, si allontana provocando erosione nel caso il terreno sia instabile dal punto di vista strutturale.  Ci sono terreni più o meno soggetti a erosone, i più soggetti sono quelli compattati che hanno quindi bassa porosità così come i terreni che presentano già crosta o quando la forma rapidamente con una forte pioggia. Infine anche nei terreni ben strutturati si può avere erosione quando il terreno diviene presto saturo d’acqua (si innalza la falda oppure a causa della presenza di suola di lavorazione oppure per piogge eccezionalmente abbondanti).

Prevenire l’erosione

Dei metodi per prevenire l’erosione sono: a) ridurre la capacità erosiva dell’acqua; b) diminuire l’erodibilità del terreno. Per diminuire la capacità erosiva dell’acqua si consiglia di coltivare con la tecnica della pacciamatura che permette di attenuare la forza della pioggia sul terreno che provoca spesso crosta. Un’altra soluzione è evitare di lasciare il terreno nudo nei periodi nei quali non è viene coltivato con l’utilizzo della pratica del sovescio. In alternativa al sovescio si può mantenere il terreno coperto con le pacciamature preesistenti possibilmente fatte con materiale vegetale secco, gradito dalla fauna terricola.  In più sarà sempre bene irrigare a goccia piuttosto che a pioggia (si può utilizzare se forma gocce molto piccole e leggere) o a scorrimento. Aumentare la permeabilità del terreno all’acqua e la resistenza delle zolle alla disgregazione per effetto dell’acqua è fondamentale per diminuire l’erodibilità. Per farlo è necessario che nel terreno siano presenti microrganismi e fauna terricoli i quali lavorano producendo humus, aprendo gallerie e aprendo varchi in superficie. Per favorire la loro attività si interrino fertilizzanti in quantità adatte e che siano nutrienti per gli organismi terricoli e che abbiano buone riserve di humus il quale aiuta a opporre resistenza alla disaggregazione delle zolle.

Pin It

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

« »

Scroll to top