L’inzaffardatura delle radici

on Gennaio 11 | in Giardino Biodinamico, Orto Biodinamico | by | with No Comments

Come favorire la radicazione di alberi e arbusti dopo il trapianto

Quando si mettono a dimora alberi e arbusti sarebbe opportuno favorire la radicazione di queste piante seguendo alcuni accorgimenti pratici, soprattutto nel caso in cui si voglia realizzare un nuovo impianto. È buona norma riuscire ad organizzarsi per tempo, programmando tutte le fasi fondamentali in anticipo. Uno degli aspetti più importanti è sicuramente la preparazione anticipata del terreno seminando un sovescio plurispecie dotato di Leguminose, Graminacee e Brassicacee, oppure ricorrendo ad un buon compost biodinamico.

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Queste pratiche, al di là della messa a dimora delle piante, dovrebbero sempre essere attuate periodicamente. Il terreno che ospiterà le piante dovrà già disporre di un certo grado di vitalità. Ciò si ottiene tramite l’uso dei preparati biodinamici ed il ricorso a sane concimazioni.

Altra cosa fondamentale è la spruzzatura del 500K su tutta la superficie. Anche i solchi per la messa a dimora delle piante vanno realizzati in anticipo, ma prima ancora sarebbe opportuno lavorare tutta la superficie sulla quale finirà il nuovo impianto. È buona norma poter dissodare tutto il terreno utilizzando un ripuntatore (ripper), favorendo l’arieggiamento del suolo senza invertirne la stratigrafia. Con questa operazione si rende più sciolto il terreno al fine di favorire la penetrazione delle giovani radici.

A questo punto è possibile mettere a dimora le piante. È possibile stimolare la radicazione avvolgendo l’apparato radicale con una “pasta” (o poltiglia) composta dai seguenti ingredienti. Si tratta della ricetta di base. Il dosaggio degli ingredienti andrà proporzionato in base al numero di piante:

  • 10 kg di bentonite. In alternativa usare bentotamnio.
  • 10 kg di sabbia silicea (si tratta della sabbia che si usa anche per fare l’in-tonaco, reperibile nei centri per l’edilizia).
  • 5-7 kg di buon compost biodinamico ben trasformato e maturo oppure, in alternativa, si può impiegare un buon humus di lombrico. Ambedue derivanti da letame bovino.

Questi ingredienti vanno miscelati in maniera omogenea aggiungendo il 500K diluito in acqua. Sono necessari 150 grammi di 500K per 30-40 litri d’acqua tiepida (36-37°C) e si dinamizza per 1 ora. Con questo liquido, quindi, si amalgamano gli ingredienti sopra elencati miscelando il tutto fino ad ottenere una crema omogenea, uniforme e coerente. Ne va aggiunto quanto basta fino ad ottenere la giusta consistenza cremosa, in modo che possa aderire alle radici per formare uno strato di copertura su di esse, prima della messa a dimora (una sorta di camicia).

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Può essere favorito lo sviluppo radicale attraverso l’aggiunta di lapillo vulcanico di granulometria medio-fine (5-6% circa) oppure leonardite (3-4% circa). Una valida alternativa a questi potrebbero essere la pietra pomice oppure la zeolitite (chabasite) sempre di granulometria medio-fine in proporzione del 5-6% circa. Queste percentuali possono subire variazioni.

Se non si dispone di letame di vacca compostato, come alternativa, è possibile utilizzare compost vegetale con aggiunta di cornunghia (concime organico azotato a lenta cessione).

Se invece il terreno è molto sabbioso si possono usare come ingredienti base la bentonite (3/4) e buon compost biodinamico ben trasformato (1/4). Come alternativa alla bentonite si può utilizzare il bentotamnio.

Il trapianto va fatto con Luna discendente (tempo di piantagione del calendario biodinamico). La lavorazione del terreno va effettuata quando è in tempera, cioè non deve essere troppo umido (bagnato) e nemmeno troppo secco. Anche la fase del trapianto va effettuata con il terreno in tempera.

Ed il colletto della pianta non deve essere messo al di sotto del livello del suolo, considerando anche che con il tempo la pianta tenderà (probabilmente) a scendere finché il terreno della buca non si è assestato. La lavorazione di tutta la superficie serve anche per evitare quello che viene definito “effetto vaso” che sta ad indicare un accumulo di acqua nei pressi dell’apparato radicale con conseguente asfissia e sprofondamento della pianta per via della struttura disomogenea che vi è tra la parte di suolo dissodato e quella circostante non lavorata (che risulta più compatta). Ciò può accadere nei casi peggiori, e soprattutto se vi sono forti ed abbondanti precipitazioni successive al trapianto. Per piante di discrete dimensioni sarebbe opportuno mantenere anche lo stesso orientamento nord/sud, est/ovest che la pianta aveva in vivaio.

La varietà dovrà essere adatta al tipo di terreno ed alle condizioni climatiche. E le metodiche di propagazione dovrebbero essere in sintonia con i principi dell’agricoltura biodinamica (no selezione clonale, no micropropagazione etc.), per evitare di utilizzare materiale in partenza già scadente.

L’epoca migliore per la messa a dimora rimane generalmente l’autunno. Oppure, in alternativa, tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera (a seconda delle zone climatiche). Per evitare sorprese dovute all’andamento climatico occorre prevedere l’irrigazione almeno durante le fasi iniziali di sviluppo in base al tipo di coltura. Da valutare anche successivamente allestendo apposito impianto, soprattutto per colture sensibili alla siccità.

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