LAVORI NEL CASTAGNETO

on Novembre 15 | in Calendario Biodinamico, Consulenza Giadinaggio, Cura delle Piante, Giardino Biodinamico | by | with No Comments

castagno

Le attività principali legate al periodo autunnale-invernale sono connesse alla raccolta dei frutti, alla costituzione di nuovi impianti e alla concimazione dei castagneti già in atto.

Conservazione dei frutti. Una volta ultimata la raccolta, la qualità dei frutti tende a diminuire col protrarsi della fase di conservazione. Allo scopo di prolungare il periodo di consumo per tutto l’autunno, si possono mettere in atto alcuni metodi di conservazione in ambito familiare.

Curatura in acqua. Permette di prolungare la conservazione del frutto fresco fino a febbraio e prevede una serie di operazioni della durata complessiva di 4 giorni.
Dopo aver ripulito i frutti dalle impurità esterne s’immergono le castagne fresche in acqua, possibilmente priva di cloro in modo che ricopra i frutti.
Vengono mantenute in questo modo fino al 4° giorno senza cambiare l’acqua.
Il 4° giorno si elimina l’acqua e si stendono le castagne ad asciugare in strato sottile per 24-48 ore in un luogo arieggiato e ombreggiato. I frutti asciutti vengono disposti in sacchi di tela leggera di juta di capacità non superiore ai 5 kg e mantenuti in frigorifero a temperatura intorno ai 4°C.

Essicazione. L’essicazione è una delle più antiche modalità di conservazione delle castagne.
Il processo consiste nella disidratazione progressiva della polpa della castagna che passa da un tenore medio di umidità (acqua) del 50% fino a valori intorno al 10%.
Successivamente si verifica un allungamento della conservabilità del frutto per un periodo superiore ai 12 mesi e un aumento del grado di digeribilità della castagna. La disidratazione favorisce una maggior concentrazione dei principi nutritivi e dei Sali minerali presenti nel seme.
Le castagne destinate all’essicazione sono tipicamente quelle di pezzatura ridotta (categoria commerciale con più di 100 frutti per chilogrammo) appartenenti a varietà che denotino attitudine all’essiccazione per la dolcezza e sapore dei frutti e per la facilità di pelatura del seme.
Un semplice metodo di essiccazione delle castagne consiste nello stendere i frutti in strato sottile (4-5 cm) sopra graticci di rete sospesi da terra ed esposti al sole provvedendo a due interventi giornalieri (mattino e sera) di rimescolamento della massa dei frutti.
Il tempo di essiccazione ha una durata variabile in funzione delle condizioni atmosferiche, ma può ritenersi concluso in 5-6 settimane.
La variante dell’essiccazione all’ombra, sotto a dei ripari, presenta tempi di realizzazione più lenti, ma fornisce castagne secche di qualità migliore dal punto di vista del valore nutritivo e del sapore. Utili allo scopo sono locali asciutti e ventilati come solai e sottotetti.

Congelazione. E’ un metodo che consente la conservazione del frutto fresco per circa 12 mesi e può essere adottato solo per modesti quantitativi a livello casalingo. Le castagne, preventivamente lavate e asciugate, sono introdotte negli appositi sacchetti da freezer; la temperatura iniziale del freezer è 20 gradi sotto zero e poi, una volta congelate le castagne, vengono riportate le temperature a quelle normali del congelatore.
Si consiglia di incidere con un coltello la buccia di quelle castagne che verranno consumate arrostite, così da rendere possibile la cottura dei frutti senza necessità di scongelamento.

Nuovi impianti. Per rinnovare i castagneti è necessario costruire nuovi impianti e sostituire quelli a fine carriera.
Il trapianto può esser eseguito da fine novembre alla metà di aprile, escludendo i periodi con piogge insistenti, neve o terreno ghiacciato.

Scelta delle varietà. Tenendo conto dell’evoluzione nella qualità di consumo dei frutti è necessario programmare le scelte varietali per i prossimi anni: le castagne mostrano un consumo individuale dei frutti limitato sia come quantità che come durata media di utilizzo (ottobre, novembre, dicembre).
La distinzione commerciale tra marroni e castagne comuni poggia le sue basi sulle caratteristiche tecnologiche e gustative dei frutti e non sulle dimensioni dei frutti.
Una castagna di grosse dimensioni non è etichettabile come “marrone” per effetto della sola grandezza dei frutti: di fatto, i marroni possono essere anche di piccola pezzatura, ma restano marroni.
Le varietà di marrone possiedono i seguenti requisiti:
– buccia di colore mogano chiaro con striature di colore scuro che corrispondono a rilievi della buccia avvertibili al tatto;
– frutto di forma ovale-allargata o ovale-ellittica;
– buccia sottile che ricopre una pellicola non penetrante nella polpa del seme e di facile asportazione;
– polpa zuccherina e croccante che mantiene la consistenza in seguito a una prolungata cottura;
– assente o ridotta cavità all’interno della polpa dei frutti;
– bassa percentuale di frutti divisi dalla pellicola interna in due o tre semi.

I frutti che presentano le caratteristiche del marrone denotano qualità gustative superiori e meglio si adattano ad essere sottoposti a qualunque lavorazione della filiera del castagno e, in particolare, al processo di candidatura e glassatura per la produzione del “marron glacé”.
Ci sono molte varietà di marrone presenti in Italia e acquisiscono il nome della particolare area geografica di provenienza.
Al di là delle piccole variazioni dell’intensità del sapore legate alla localizzazione geografica e alle tipologie differenti di terreno, questi marroni offrono un prodotto molto simile per aspetto e caratteristiche tecnologiche.
Una qualunque delle varietà di marrone citate può regolarmente produrre frutto in un’area o regione differente da quella d’origine, a patto che siano garantite le attenzioni colturali necessarie per la specie.
In sostanza, le varietà di marrone possono essere coltivate in tutti i terreni vocati alla coltivazione del castagno.

Scelta del terreno. La coltivazione del castagno non è in alcun modo legata alle sole aree con quote altitudinali collinari o pedemontane: il castagno può essere coltivato anche in pianura, a patto che sia rispettato il principale vincolo ecologico della specie, cioè il fatto che la pianta necessita terreni a reazione acida.
La pianta predilige climi continentali caldi e mostra gravi difficoltà produttive nelle aree montane con clima rigido.
Le potenzialità della specie vengono meglio sfruttate in terreni fertili, piani e irrigui dove il castagno può esprimere appieno le sue capacità produttive.
In questi terreni la produzione di castagne è meno soggetta alle oscillazioni tra anni di carica e anni di assenza del prodotto (alternanza di produzione).La possibilità di intervenire con mezzi meccanici nelle lavorazioni del terreno, nell’irrigazione, nel contenimento delle malerbe, nell’esecuzione di pochi e mirati trattamenti a sostegno della coltura garantisce risultati di gran lungo superiori a quelli offerti dagli impianti tradizionali.
A parità di superficie, un campo dotato di irrigazione fornisce costantemente una produzione tre volte superiore rispetto a quella offerta da un campo non irriguo.
Le giovani piante di castagno non sono assolutamente in grado di sopravvivere al primo anno dopo il trapianto in mancanza d’irrigazione nel caso di estati con caldo intenso e protratto nel tempo.
Il numero degli interventi irrigui, nei mesi di scarsa piovosità (da metà maggio a fine agosto), nel corso dell’annata varia dai 5 nelle piante adulte ai 15 nel caso di piante più giovani.
Le piante di castagno mostrano sintomi di sofferenza e stentata crescita dovuti sia a eccessi di umidità nel terreno, sia in presenza di terreni costantemente aridi.

Preparazione del terreno. Quando si costituisce un nuovo castagneto bisogna prestare cura alla preparazione del terreno.
Bisogna innanzitutto concimare il terreno distribuendo prima dell’aratura, su tutta la superficie interessata all’impianto, 150-200 quintali per ettaro di letame bovino maturo.
Poi bisogna eseguire l’aratura o, in alternativa, la lavorazione con un ripuntatore di tutta la superficie e successivi lavori di affinamento del terreno; sistemare poi il terreno con formazione di una baulatura dell’altezza di 25-30 cm lungo il filare che ospiterà le piante di castagno; l’operazione si esegue mediante due passaggi contrapposti effettuati con un piccolo aratro, per innalzare la striscia di terreno lungo la quale verranno poste a dimora le piante, facilitando così lo sgrondo veloce delle acque superficiali in eccesso, garantendo l’assenza di ristagno idrico al piede della pianta e prevenire l’insorgenza di malattie dell’apparato radicali.
Infine si esegue la pacciamatura con un telo di polietilene a fibre intrecciate, molto utile per prevenire la crescita delle erbe infestanti lungo il filare e si esegue il trapianto manuale.
E’ preferibile che i nuovi impianti vengano effettuati su terreni interamente dedicati al castagno; non è compatibile con la coltivazione del castagno l’intercalare a prato da affienare tra le file.
I terreni caratterizzati da eccessiva pendenza, limitato spessore del terreno coltivabile, assenza d’irrigazione e difficile agibilità non possono essere lavorati in tal modo e non sono adatti a ospitare le piante di castagno provenienti da vivaio. In questi casi è più utile provvedere alla semina in loco delle castagne e all’innesto del selvatico che esse producono.
Il trapianto di astoni provenienti da vivaio all’interno di aree vuote presenti nei vecchi frutteti di castagno in fase di regressione non fornisce alcun risultato. Le nuove piante immesse nel castagneto secolare difficilmente possono trovare lo spazio per crescere: la loro sopravvivenza è fortemente ostacolata dalla competizione per l’acqua e la luce con le piante adulte.
Il castagno mostra in natura un apparato radicale esteso e molto superficiale: il trapianto di piante a radice nuda fornisce i migliori risultati con riferimenti all’attecchimento delle piante. Il trapianto di piante in vaso o in zolla crea maggiori problematiche alla ripartenza primaverile perché l’uso dei contenitori contrasta l’espansione laterale dell’apparato radicale e, quindi, la naturale attitudine del castagno.

Concimazione. Per mantenere vitale e produttivo il castagneto sono indispensabili integrazioni con fertilizzanti.
La fertilizzazione del frutteto di castagno è una pratica annuale e deve rispettare le esigenze di crescita e produzione della pianta.
Le concimazioni si eseguono a partire dalla fine di novembre quando le temperature non comportano più la perdita di elementi fertilizzanti; è consigliabile attendere la completa caduta delle foglie.
Molto importante è l’apporto di sostanza organica , in particolar modo nei frutteti in cui non sia disponibile l’irrigazione, a completamento della fertilizzazione minerale che deve essere eseguita costantemente.
La massa vegetale che il castagneto produce è l’unico apporto di sostanza organica; il castagneto trae dalla decomposizione della lettiera la maggior fonte degli elementi fertilizzanti che ne sostengono la crescita.
La fertilizzazione organica a base di letame maturo o compost può essere effettuata ogni 3 anni con l’apporto di 100-150 quintali per ettaro di letame bovino maturo, oppure 10-15 quintali per ettaro di compost, ottimo risulta fare anche la pratica del sovescio.
Si ricorda che il castagno ha un apparato radicale molto superficiale concentrato nei primi 30-40 cm di suolo. Non sono richieste, e possono essere dannose allo sviluppo radicale, le lavorazioni superficiali del terreno eseguite per incorporare il fertilizzante, rimuovere malerbe o aumentare la capacità di assorbimento dell’acqua piovana nel terreno.

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